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Minori al lavoro, in italia sono 500 mila

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Messaggio  Lidia 20.12.07 15:36

di FEDERICO PACE





Il disagio economico prende varie forme, una delle più insopportabili è quelle del lavoro dei piccoli e dei piccolissimi. Minori al lavoro in botteghe artigianali, in negozi, per strada e anche in casa. Piccoli costretti a essere “precoci” in un ambito che li allontana dalla scuola, dal loro tempo e dai loro desideri. Quello del lavoro minorile è un fenomeno che in Italia coinvolge cinquecentomila minori di cui poco meno di un sesto sono stranieri. A lanciare l’allarme è l’ultima indagine di Save the Children e Ires Cgil presentata oggi a Roma.

La componente dei minori che rischia di più di essere coinvolta in questo tipo di fenomeno sono i piccoli migranti con un’età compresa tra gli undici e i quattordici anni che vivono, in un’area geografica ad alta disoccupazione, con un solo genitore o hanno più di un fratello o una sorella anch’essi minori. In Italia purtroppo non accade di rado. E forse è utile anche ricordare che da noi esiste uno dei più elevati, tra i paesi evoluti, tassi di povertà tra i minori ( il 17 per cento).

In questo scenario il lavoro minorile si intreccia e si sovrappone al fenomeno dello sfruttamento dei minori stranieri, al lavoro nero, a situazioni, sempre più diffuse, in cui i minori sono costretti a contribuire al reddito familiare e impossibilitati a dare la giusta priorità alla scuola e al tempo libero. “E’ necessario concentrarsi su questi fenomeni – ha detto Valerio Neri, direttore generale di Save The children – affinché si abbia una ricaduta positiva anche sulla mancanza di approccio basato sui diritti e di una progettualità futura”.

Per questi minori non si tratta di esperienze saltuarie e residuali. Per molti, quello del lavoro prende la forma di una vicenda che assorbe energie in maniera totale e che accentua ancora di più il rischio di rimanere ai margini della società. Secondo i dati dell’indagine, si riscontra una frequenza settimanale costante, un impegno giornaliero interno e spesso chi è coinvolto in un’attività di lavoro precoce ha già avuto più di una esperienza. Un quarto dei minori italiani viene costretto a lavorare per tutto l'anno, mentre un altro 33 per cento lo fa solo in alcuni periodi dell'anno, e il 42 per cento quando capita.

La periodicità del lavoro diventa ancora più strutturata se si guarda alla componente dei piccoli migranti. Nel loro caso ci si ritrova davanti a esperienze di lavoro continuate per tutti i dodici mesi dell'anno (il 42 per cento) con picchi che arrivano al 59 per cento nel caso dei cinesi.

Agostino Megale, presidente di Ires Cgil, ha sottilineato come sia necessario "attivare un monitoraggio sul tema, coordinato dall'Istat e finalizzato a superare l'incertezza sul dimensionamento del fenomeno come previsto nella nuova edizione della Carta di impegni per promuovere i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza ed eliminare lo sfruttamento del lavoro minorile" .

Per quanto riguarda gli italiani il ventisei per cento di loro si ritrova a lavorare in negozi, un quattordici per cento in bar, ristoranti e pizzerie mentre un dodici per cento lavora “in strada”. I minori migranti sono spesso inseriti in contesti meno protetti dove le situazioni sono più “difficili” e al limite con la legalità. Uno su tre lavora per strada come ambulante o in alcuni casi svolgendo attività di accattonaggio.

Nel caso dei cinesi, sei su dieci si ritrovano in un laboratorio artigianale tessile o di pelletteria con un’esposizione a materiali e macchinari pericolosi e con orari inadeguati alla loro età.

Nell'approfondimeto monografico sui minori stranieri non accompagnati presenti nel Lazio, gli autori dell'indagine hanno riscontrato come i minori migranti arrivino spesso in Italia avendo già avuto alle spalle alcune esperienze lavorative. Tra loro, ci sono i piccoli dell'Africa settentrionale con un vissuto lavorativo soprattutto nell'agricolutura e nell'artigianato e che sono qui per assecondare le intenzioni dei genitori. Diversa l'esperienza dei minori asiatici che per lo più hanno lavorato in fabbrica nei paesi di transito e che cercano qui un'autonomia personale.

Save the Children ha poi realizzato una ricerca sulle esperienze lavorative dei migranti a Roma. I raggazzi, tutti tra i dodici e i diciotto anni, hanno mostrato percorsi ed esperienze molto frammentate e diverse. I settori dove per lo più sono impiegati, irregolarmente, sono quelli dell'edilizia, ristorazione e l'assistenza domicialiare. Molti di loro non hanno mostrato di avere alcuna consapevolezza dei propri diritti in ambito lavorativo.

Lidia

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Messaggio  Lidia 20.12.07 15:41

L'allarme nel rapporto di Save the Children. In un anno denunciate 8mila persone
Comprati e sfruttati soprattutto donne e minori. Africa, Moldavia, Romania a rischio

La tratta degli schiavi? Non è finita
"Sta crescendo, anche in Italia"



di TULLIA FABIANI



Come una merce, hanno prezzo e destinazione di mercato. Ma sono uomini e donne, spesso bambini comprati, venduti, sfruttati. Prodotti per la tratta. A migliaia impiegati in attività illecite, nell'accattonaggio, nel lavoro forzato, nella prostituzione. Il fenomeno transnazionale è datato, ma sommerso, spesso sfugge alle statistiche, e per la prima volta è stato analizzato attraverso due ricerche mirate e inedite. E un protocollo, destinato al riconoscimento e alla tutela dei minori.
Un lavoro lungo e difficile, curato dall'associazione Save the Children in collaborazione con il progetto europeo Equal-Osservatorio. Gli obiettivi: il rafforzamento del sistema di protezione, l'applicazione omogenea delle leggi esistenti e la realizzazione di un osservatorio permanente. Perché mentre i paesi di provenienza delle persone comprate e sfruttate aumentano (Romania, Bulgaria, Moldavia, Ucraina ma anche Nigeria, Gabon o Senegal), la Commissione europea sollecita normative e provvedimenti di tutela.

La tratta in Italia. Nella ricerca su "La tratta di persone in Italia. Evoluzioni del fenomeno e ambiti di sfruttamento", i dati ufficiali parlano di 11.226 vittime fra il 2000 e il 2006, di cui 619 minori, mentre risultano più di 8mila le persone denunciate fra il 2005 e il 2006 per i reati connessi alla tratta di esseri umani. Tuttavia, secondo i ricercatori, tali numeri sono sottostimati e non rendono conto di un fenomeno molto più vasto e articolato. A cominciare dagli impieghi che conosce.
Sempre più la tratta è abbinata ad altre attività illecite (traffico di migranti, di droga e di armi) e alla diversificazione degli ambiti di sfruttamento: non solo quello sessuale, ma anche lavoro forzato e sfruttamento lavorativo. Mutano, inoltre, l'organizzazione delle reti criminali e i metodi di reclutamento, controllo e sfruttamento, "con un passaggio da gruppi criminali semi-dilettantistici a gruppi fortemente organizzati" e con l'adozione di strategie più sottili, basate anche sulla concessione alle vittime di un margine di contrattualità, percentuali di guadagno, garanzie di protezione.

È una gravissima violazione dei diritti, diritto alla vita, all'integrità fisica e psichica, alla salute - dichiara Carlotta Sami, direttore dei programmi di Save the Children Italia - chi è vittima di tratta, tanto più se è un bambino, vive una tale condizione di segregazione e violenza da diventare invisibile e difficilmente raggiungibile anche da parte di chi, polizia, autorità giudiziarie, operatori sociali, è chiamato ad aiutarlo".

I minori. Poche centinaia - 619 fra il 2.000 e il 2.006 secondo le uniche statistiche ufficiali disponibili - ma sicuramente molti di più nella realtà i minori coinvolti, secondo Save the Children che ha coordinato quattro indagini sul fenomeno in Italia, Romania, Bulgaria e Germania. Sono per lo più adolescenti o neo-maggiorenni di sesso femminile, vittime a scopo di sfruttamento sessuale e provengono principalmente da Nigeria, Romania e Moldavia.
Le ragazze fanno ingresso in Italia senza permesso di soggiorno, vengono private della libertà, ridotte in uno stato di completa soggezione, e costrette a pagare fra i 30 e i 50 mila euro per riscattarla, prostituendosi su strada, sotto il controllo della sfruttatrice o di un'altra vittima.
Così anche per le adolescenti rom: provenienti da contesti sociali e famigliari particolarmente svantaggiati.
Minori rom, di entrambi i sessi, sono inoltre tra le principali vittime di tratta a scopo di attività illegali. Hanno per lo più quattordici anni e quindi non sono perseguibili penalmente. Reclutati nel paese di origine dietro pagamento ai genitori, agli affidatari o ai responsabili degli istituti per minori, vengono condotti in Italia affinché compiano furti e scippi, per poi destinare tutti gli incassi allo sfruttatore.
Provengono invece da paesi africani molti degli adolescenti coinvolti nel trasporto e spaccio di droga, a cui sono indotti con minacce, inganno e violenze fisiche. Mentre esempi di grave sfruttamento lavorativo, anche se non di vera e propria tratta, sono quelli - documentati da Save the Children - riguardanti adolescenti e neo-maggiorenni occupati nel settore agricolo e nell'edilizia.

La tutela giuridica delle vittime. Nel volume "La tratta di persone in Italia. Le norme di tutela delle vittime e di contrasto alla criminalità", la seconda delle ricerche realizzate, vengono rilevate le modalità con cui la normativa anti-tratta (l. 228/2003 "Misure contro la tratta di persone") viene applicata in modo disomogeneo. In particolare, a proposito del riconoscimento alle vittime del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Secondo un'indagine condotta su 65 delle 103 questure italiane, infatti, oltre la metà tende a subordinare il riconoscimento del permesso alla collaborazione della vittima al procedimento penale, in base a una logica "premiale" che prevale sui requisiti della "violenza e grave sfruttamento" e del "pericolo grave, attuale e concreto".
Per quanto riguarda invece le tutele specifiche riservate ai minori, uno dei problemi più spinosi resta l'identificazione di coloro che sono vittime di tratta, spesso trattati alla stregua di minori dediti ad attività criminali. "Abbiamo strumenti all'avanguardia nel panorama internazionale - dice Bufo, coordinatore ell'Osservatorio tratta - ma la cui efficacia rischia di essere compromessa dalle interpretazioni diversificate che ne danno questure, prefetture e procure. Anche per questo sarebbe importante realizzare un osservatorio permanente".
E anche per questo Save the Children offre un protocollo per l'identificazione e il supporto dei minori vittime di tratta e sfruttamento. "È a disposizione delle forze dell'ordine, dei magistrati, degli operatori e traccia i profili dei gruppi a rischio e una lista di indicatori per la identificazione dei minori, con la descrizione degli strumenti di tutela e di protezione delle vittime. Ci auguriamo che venga usato al meglio".

(20 dicembre 2007)

Da "La Repubblica"

Lidia

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